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La conquista dello Spazio. L’Europa si muove divisa e sta perdendo la rotta




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Il 30 marzo, un suggestivo paesaggio di ghiaccio nel Nord del continente europeo, lo spazioporto di Andøya in Norvegia, ha accompagnato il primo tentativo di volo orbitale del razzo Spectrum di Isar Aerospace. Tentativo concluso in breve tempo: la missione si è interrotta pochi secondi dopo il lancio, per via di un’anomalia nel sistema di controllo. Nonostante questo fallimento, sia Isar Aerospace che l’Agenzia Spaziale Europea hanno evidenziato l’importanza dei dati raccolti durante il breve volo. Daniel Metzler, che guida Isar Aerospace, ha dichiarato che il test ha soddisfatto le aspettative dell’azienda, definendolo un grande successo. Il ministro uscente tedesco, Robert Habeck, ha definito l’evento un traguardo significativo per la competitività della Germania nel settore spaziale. Del resto, quella spaziale è notoriamente un’impresa difficile, e migliorare in questo campo richiede molti tentativi ed errori, come è avvenuto anche per la storia della maggiore azienda mondiale, SpaceX.

Isar Aerospace è stata fondata nel 2018 vicino a Monaco di Baviera, in Germania. L’azienda fa parte dell’ondata della nuova economia dello spazio che, in questo secolo, ha affiancato sempre di più gli attori tradizionali che operano nel settore da decenni. Isar si è concentrata sullo sviluppo del razzo Spectrum, progettato per il trasporto di satelliti di piccole e medie dimensioni e per future costellazioni satellitari, alimentato dai motori sviluppati internamente dall’azienda tedesca. Il percorso di Isar Aerospace è stato sostenuto da una combinazione di finanziamenti pubblici, da parte della DLR (l’agenzia spaziale tedesca), e di investimenti privati, anche dall’estero. L’azienda, nel suo percorso di organizzazione e crescita, ha enfatizzato un progetto di integrazione verticale, che proprio il successo di SpaceX ha messo al centro della scena.

La discussione sull’eventuale adozione dei sistemi di comunicazione di Starlink e Starshield per servizi governativi, anche nel nostro Paese, ha posto l’attenzione sul tema del ritardo spaziale europeo rispetto a Stati Uniti e Cina. Ciò si colloca nel generale arretramento tecnologico del nostro continente in questo secolo ma colpisce un settore in cui, anche per gli effetti economici delle scelte geopolitiche di lungo corso degli Stati Uniti verso l’avversario cinese (a partire dagli anni ’90), gli europei avevano una presenza maggiore. Ricordiamo invece che nel 2024 i lanci statunitensi sono stati 145, quelli cinesi 68, quelli europei 3. Per dare un’idea, SpaceX ha lanciato da sola in 13 ore, in un giorno del mese di marzo 2025, le stesse volte che l’Europa ha lanciato nell’intero anno precedente. A parte la Russia in relativo arretramento, bisogna considerare il ruolo di potenze spaziali in ascesa, come l’India, le monarchie del Golfo, e nel medio-lungo periodo anche la Turchia. Figure di primo piano degli Stati Uniti, anzitutto Jeff Bezos ma anche Eric Schmidt, finanziano da tempo altre ambiziose imprese spaziali. Questi sono i rapporti di forza, in un mercato sempre più competitivo. Tuttavia, in Europa è emerso un ecosistema più importante del passato di startup del settore, sono cresciuti gli investimenti e i fondi di venture capital, sono stati avviati programmi sul volo umano (senza cui non si può essere realmente sovrani) e sono in corso tentativi di riutilizzabilità dei lanciatori (senza cui si resterà sempre dietro a SpaceX). Inoltre, la domanda di lanci per piccoli e medi satelliti e costellazioni è in crescita, e i governi europei sono sempre più orientati a sostenere l’accesso indipendente allo spazio. In questo senso, l’interesse della Germania per lo spazio, attraverso investimenti mirati e la crescita di nuovi attori, rappresenta una tendenza significativa. La maggiore presenza di Berlino porta anche a una nuova struttura di cooperazione e competizione con la Francia, in primo luogo, e poi con l’Italia, che ha ottime capacità di ricerca, interessanti realtà di divulgazione (come AstroSpace), una filiera spaziale importante in ambito europeo e ha investito risorse ingenti negli ultimi anni, col PNRR e con finanziamenti nazionali. Spesso le aziende tedesche hanno anche ricevuto capitali degli Stati Uniti, come OHB, che nel 2023 ha avviato un accordo con KKR. Una delle dinamiche da monitorare, all’interno della nuova ambizione tedesca su difesa e sicurezza, riguarda proprio la sua ricaduta precisa sulle capacità aerospaziali, nonché il mantenimento o l’allentamento dei rapporti finanziari con gli Stati Uniti in un’epoca di aspri conflitti commerciali.

Ci sono poi altri fattori da considerare. La fotografia del lancio tedesco dalla Norvegia mostra una prospettiva europea che guarda al Nord e all’Artico, differente rispetto a quella tradizionale, caratterizzata dai lanci dallo spazioporto della Guyana francese. Inoltre, l’attività europea è indebolita non solo dai divari tecnici e finanziari nei confronti degli Stati Uniti, facilmente dimostrabili, ma anche da sovrapposizioni e frammentazioni burocratiche tra l’Agenzia Spaziale Europea, la Commissione e altri apparati. Il Rapporto Draghi ha indicato, in una specifica sezione dedicata allo spazio, come la semplificazione di questa governance sia un obiettivo imprescindibile di competitività, così come lo è l’abbandono del cosiddetto ritorno geografico, l’inefficiente sistema di redistribuzione dei finanziamenti che le innovazioni apportate da attori come SpaceX hanno reso obsoleto. Ciò ci conduce al tema ineludibile delle conflittualità politiche tra gli Stati, in primis Francia e Germania. Un caso significativo riguarda IRIS-2, il programma che ha l’ambizioso obiettivo di realizzare una costellazione satellitare multi-orbita per garantire comunicazioni sicure e affrancare l’Europa dalla dipendenza da altri attori, in primis Starlink. Il programma si basa su una partnership pubblico-privata con un finanziamento stimato a oltre dieci miliardi. L’aggiudicazione del contratto per la sua realizzazione è avvenuta in ritardo rispetto alle previsioni, anche per ragioni politiche. In particolare, i tedeschi hanno contestato sia i costi del programma che la sua ripartizione tra Francia e Germania, chiedendo un coinvolgimento più attivo delle startup del settore spaziale.

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In quest’ambito, è quindi facile dire «Dobbiamo essere sovrani nello spazio per non dipendere dagli altri», ma poi nel concreto bisogna mostrare sempre con quali capacità di lancio, con quali capacità satellitari, con quali procedure per non accumulare troppi ritardi e con quale divisione del lavoro tra gli Stati. A queste difficili prove sono chiamati gli europei, in una competizione spaziale sempre più affollata.



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