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L’impatto della sostenibilità sull’economia del 2025


Alessio Branchesi, country manager Italy di Pure Storage, esamina le problematiche della sostenibilità.

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Ondate record di calore, dispute sulle auto elettriche e summit globali come la COP29 (per quanto deludente sia stata) rendono chiara una cosa: la conversazione riguardante la sostenibilità non è più solamente una trovata del mondo corporate, bensì un vero mandato sociale indipendente dai mutamenti del vento politico del momento. Nel 2025 buona parte del pianeta assisterà a una pressione senza precedenti verso la riconciliazione del progresso tecnologico con la sostenibilità ambientale. Sebbene gli Stati Uniti stiano andando nella direzione opposta ritirando vari impegni federali in proposito, per la maggior parte degli altri Paesi non vi saranno né industrie, né settori, né generazioni immuni da una responsabilità nei confronti dell’ambiente.

L’energia pulita non è perfetta ma è un punto di partenza

Le rinnovabili sono essenziali per poter abbattere le emissioni, ma anche le soluzioni più “pulite” hanno i loro difetti. L’energia nucleare è a basso impatto carbonico ma genera rifiuti radioattivi e comporta una significativa produzione di CO2 all’interno della sua infrastruttura. Le tecnologie sperimentali per reattori finanziate da Big Tech potrebbero superare alcuni ostacoli, ma sono ancora lontane dall’essere realtà. L’energia eolica è rinnovabile, ma le pale delle turbine non possono essere riciclate e spesso finiscono nelle discariche.

Queste imperfezioni alimentano il dibattito ma sottolineano anche una lezione importante: non lasciamo che la ricerca della perfezione blocchi il progresso. Possiamo riconoscere i difetti e comunque effettuare scelte che riducano significativamente il nostro impatto ambientale, perché restare fermi a far nulla non è un’opzione.

Cosa ci insegna il flop del COP29

La COP29 tenutosi a Baku lo scorso anno aveva lo scopo di promuovere passi avanti in direzione degli obiettivi climatici, ma il risultato è che molti stakeholder sono rimasti delusi. I 300 miliardi di dollari all’anno concordati per i Paesi in via di sviluppo entro il 2035 impallidiscono rispetto ai 1.300 miliardi che gli stessi Paesi avevano detto di aver bisogno. Il summit non è nemmeno riuscito a definire framework pratici per l’allineamento dei vari settori dell’economia rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni, né tantomeno a implementare soluzioni verticali. Questo gap evidente riflette l’assenza di un senso di urgenza e di azioni decise.

Per le aziende questa è una lezione: obiettivi chiari e misurabili, non vaghe aspirazioni, sono essenziali per compiere passi avanti e assumersi responsabilità. Sostenibilità non significa fare grandi promesse, bensì adottare strategie pratiche capaci di produrre fiducia.

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La Gen Z ce ne chiederà conto

La Gen Z è verosimilmente la generazione più informata e interessata ai temi ambientali. Le sue aspettative nei confronti dei datori di lavoro sono chiare: le azioni dirette alla sostenibilità devono allinearsi ai valori. Lo studio 2024 Gen Z and Millennial Survey di Deloitte indica che il 44% degli appartenenti alla Gen Z ha rifiutato proposte di lavoro per questioni di etica, mentre il 54% fa attivamente pressione sui datori di lavoro affinché assegnino la priorità ad azioni legate al clima.

Una generazione attiva, informata e che pretende qualcosa di meglio da aziende e governi, ma che si aspetta anche che le generazioni precedenti, quelle che oggi si trovano in posizioni di potere, intraprendano azioni concrete. È essenziale riconoscere che la soluzione dei problemi climatici non è la battaglia di una generazione specifica: è una responsabilità collettiva.

L’immunità dell’IT sta per scadere

Il settore IT, propulsore essenziale dell’innovazione, consuma una quota crescente dell’elettricità globale; secondo stime come quelle della IEA il dato potrebbe superare il 10% entro il 2030. Secondo Enerdata l’ICT potrebbe aver complessivamente raggiunto il 9% dei consumi di energia elettrica già nel 2018. Finora il settore ha evitato di affrontare il problema attribuendo le responsabilità e la colpa dei consumi energetici alle aspettative di terzi (aziende e singoli individui). Queste scuse non reggeranno ancora a lungo: aumentando le necessità legate all’intelligenza artificiale e all’elaborazione dei dati, l’intero settore IT sarà chiamato a dare risposte.

È dunque tempo che il comparto sensibilizzi gli utenti circa i costi reali dei progressi tecnologici, dai modelli AI alla diffusione dei data center. Oltre a questo, le aziende devono adottare tecnologie efficienti, investire nelle rinnovabili e progettare in chiave sostenibile.

Un mondo di risorse limitate

Mentre la popolazione globale si avvicina ai 10 miliardi di individui, la presunzione di avere a che fare con risorse infinite diventa pericolosamente obsoleta. Il crescente carico richiesto alle reti elettriche sulla spinta di veicoli elettrici e AI preannuncia la crisi imminente. Senza prendere le contromisure necessarie, la carenza di risorse scatenerà conseguenze pratiche che costringeranno interi settori ad affrontare di petto le loro inefficienze.

Ma non tutto è perduto. Investimenti mirati nella ricerca, nell’educazione e nell’ottimizzazione delle risorse permetteranno ai vari settori industriali di adattarsi. Che si tratti di progettare tecnologia che consuma di meno, ridurre pratiche dispendiose o sensibilizzare il pubblico in merito a scelte sostenibili, esiste un percorso virtuoso che dobbiamo seguire.

Cosa possono fare le aziende fin da subito

Per affrontare queste sfide occorre che le aziende ripensino alle loro priorità:

  1. Investire in ricerca e sviluppo: promuovere innovazioni che migliorino l’efficienza e la sostenibilità in un’ottica di futuro a lungo termine
  2. Attenzione all’impatto: aiutare consumatori e dipendenti a comprendere i costi e le conseguenze a lungo termine delle loro scelte, al lavoro così come a casa
  3. Ottimizzare le risorse: identificare le inefficienze ed eliminare gli sprechi nelle attività operative

La buona notizia? Piccoli passi misurabili presi oggi possono spostare l’ago della bussola producendo resilienza e preparando la strada a un futuro sostenibile. Ma dobbiamo agire oggi stesso perché, alla fine, la domanda non sarà “Cosa possiamo fare?”, bensì “Perché non l’abbiamo fatto?”

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